Un albero che cade …
… fa più rumore di una foresta che cresce.
È questo il commento che sorge spontaneo di fronte ai fatti di Trevi. Dopo 7 secoli di permanenza nel paese, i Francescani sono costretti a chiudere il proprio convento.
Le motivazioni sono ormai note, anche per altre circostanze simili. Crisi di vocazioni, problemi economici. Eh si! Perché nonostante tutte le storie e le leggende metropolitane, chi garantisce il sostentamento di tutte queste strutture che crediamo siano dovute, è la Chiesa.
Certamente l’aspetto economico della Chiesa Cattolica è dibattuto, ma chi ha avuto modo di entrarne nei meccanismi e poterne verificare i conti, si accorge che non è tutto oro quel che luccica.
Ma non sarebbe giusto soffermarsi sull’aspetto economico. Le vicende di Trevi testimoniano a favore di una Chiesa viva. Una comunità di frati francescani a cui la popolazione non vuole rinunciare.
Per una volta non fa notizia il “sacerdote peccatore” ma il volto sano e vero della Chiesa Cattolica.
I credenti sanno bene che Gesù non ha promesso una Chiesa perfetta. A capo di essa mise colui che lo tradì per tre volte. E gli atei illuminati non si scagliano sull’istituzione ma selezionano i giudizi sui singoli.
Trevi è un esempio di quanto i frati e i sacerdoti, quelli coerenti alla propria vocazione, sanno fare.
Vedere bimbi, ragazzi e giovani, con le loro famiglie sfilare a difesa dei frati e del loro convento cancella alcune delle brutture inevitabili che sorgono quando a compiere è l’UOMO e NON il SACERDOTE.
Resta la domanda. Perché nel terzo millennio è così difficile avere il coraggio di saper distinguere? Perché ci si abbandona a giudizi incompetenti e luoghi comuni. La moda di accomunare le categorie alle nefandezze compiute dai singoli è più di una tentazione: è una viltà nonché la dimostrazione di ignoranza.
E se non sappiamo come trovare il coraggio di pensare con la nostra testa … chiediamo aiuto ai frati di Trevi. Ne possiamo trovare molti anche tra noi!